giovedì 29 maggio 2008

II TAPPA – RENOVATIO DI CARLO MAGNO

SANTA PRASSEDE

L’incoronazione di Carlo Magno da parte di papa Leone III nell’800 sancisce simbolicamente la caduta dell’influsso bizantino su Roma. La nuova era è chiamata renovatio, una rinascita politica e culturale attraverso il recupero delle istanze antiche.
Santa Prassede è il primo esempio di “ripresa” dello stile paleocristiano e tardo – antico: la chiesa, intitolata a Prassede, sorella di Prudenziana, presenta infatti elementi ormai abbandonati, come il transetto e la decorazione musiva.

tav. 14. veduta della navata centrale, VIII sec.,Santa Prassede, Roma

DESCRIZIONE

La chiesa, ricavata da un edificio di culto pagano, viene ricostruita da papa Pasquale I°, il quale propone un ritorno ad un gusto ricco e raffinato. La chiesa riprende l’impianto della basilica costantiniana di S. Pietro: divisa in tre navate da 11 colonne architravate e ripropone il transetto continuo, al di sotto del quale si apre una cripta per la custodia delle reliquie. Il mosaico absidale rappresentante Cristo e gli apostoli (tav. 15) è palesemente esemplato su quello della chiesa dei Santi Cosma e Damiano, mentre il sacello di San Zenone (tav. 16) riproduce il fondo blu, elemento abbandonato da almeno tre secoli. Nei mosaici gli accostamenti sono caldi ed efficaci, le forme vengono ridotte all’essenziale e sfruttate per ricavare ampie campiture cromatiche e raggiungere effetti di espressiva vitalità.

tav. 15. mosaico absidale, VIII sec., Santa Prassede, Roma

tav. 16. Sacello di San Zenone, VIII sec., Santa Prassede, Roma.

L’ARTE ISPIRA…

La prevalenza dell’oro nel Sacello di San Zenone indica un evento soprannaturale, senza tempo, una sorta di visione aurea, un’estasi. Nonostante la ripresa antichizzante, le immagini, così sofisticate e illusionistiche, riportano ad un’espressione elegante e complessa. Figure gentili ed eteree, immerse in un fondo di eternità.

SANTA CECILIA IN TRASTEVERE

Alla luce di alcune scoperte archeologiche si è giunti all’ipotesi che la Chiesa sorga sulla casa familiare di Cecilia, suppliziata nel 220. In effetti, negli scavi eseguiti nel 1899, è stato identificato sotto la chiesa un complesso di edifici romani risalenti all’età repubblicana: questo ha lasciato supporre che si trattasse effettivamente della casa della santa, così come narra la legenda secondo cui papa Pasquale I ebbe in sogno una rivelazione della stessa Cecilia, per la quale traslò il corpo nel luogo ove ora sorge la chiesa.

tav. 17. facciata e campanile di Santa Cecilia in Trastevere, Roma

DESCRIZIONE

La chiesa ha subito numerosi cambiamenti nel corso dei secoli e l’unico elemento riferibile all’epoca in questione è l’abside, rimasto immutato.

tav. 18. abside, IX secolo, Santa Cecilia in Trastevere, Roma
In principio la decorazione musiva del catino absidale si estendeva anche sulle pareti laterali. Lo schema, riferibile all’abside dei Santi Cosma e Damiano ( VI sec.), riproduce le sette figure con Cristo al centro, i santi titolari e il papa committente. Il recupero dei modelli paleocristiani è la prerogativa delle costruzioni di questo periodo. Originariamente, infatti, la chiesa presentava il solito impianto basilicale sul modello di San Pietro, con tre navate e colonne collegate da archi a tutto sesto. Nel corso dei secoli la struttura ha subito sostanziali cambiamenti che hanno alterato in modo irreversibile la sua forma originaria; in questo modo, l’unica testimonianza che ci resta del recupero dello stile tardo – antico è proprio il mosaico absidale, tecnica abbandonata da secoli che ora ripropone in tutto il suo splendore modalità e prerogative dimenticate.

L’ARTE ISPIRA

Il fondo blu, la veste dorata di Cristo, particolari apparentemente di secondaria importanza…risultano invece così chiari ed illuminanti…Il mosaico, tecnica ormai perduta e dimenticata, torna a vivere con rinnovato splendore, reduce delle alterazioni secolari, delle influenze bizantine, di uno stile nuovo più mistico e trascendentale, ma sempre e comunque elegante.

SANTA MARIA IN DOMNICA

La chiesa è stata edificata nel VII secolo su di una costruzione preesistente, risalente al V secolo, nei pressi della V coorte dei vigiles di Roma ( corpo istituito da Augusto nel 7 a.C.). Come molte altre chiese, ha subito dei rifacimenti, mantenendo sostanzialmente intatto l’aspetto basilicale a tre navate, con quella centrale particolarmente ariosa e spaziosa.

tav. 19. navata centrale e laterali, arcone e abside, Santa Maria in Domnica, Roma

DESCRIZIONE

Conservando il tipico impianto basilicale, con colonne di spoglio in granito e capitelli corinzi antichi, la chiesa, come molte in questo periodo, ripropone il mosaico e lo stile tardo – antico, rispecchiando il rinnovamento artistico che coinvolse Roma per tutto il IX secolo. Sull’arco trionfale (o arcone) troviamo il Cristo tra due angeli e apostoli, con sotto Mosè ed Elia, mentre nell’abside la Madonna in tronco con bambino tra due schiere di angeli e papa Pasquale I in ginocchio. Oltre alla decorazione musiva, tipica delle chiese di questo periodo, anche la tecnica costruttiva è rivolta al recupero delle istanze tardo – antiche, come la disposizione dei mattoni su file regolari e l’introduzione di una cripta al di sotto del presbiterio, a modello della basilica di San Pietro.

L’ARTE ISPIRA…

Il riferimento all’arte e alla forma classica elegante è palese in queste costruzioni, tutte tese ad un recupero cosciente e riuscito delle istanze antiche e paleocristiane. L’era di Pasquale I ha segnato davvero un cambiamento, una rinascita stilistica e un ritorno alla tecnica musiva come espressione concreta, semplice e complessa allo stesso tempo, ma sempre estremamente suggestiva.


COPERTA DELL’ EVANGELARIO DI LORSCH
(BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA)

La nuova cultura figurativa imperiale si esprime pienamente in un gruppo di evangelari, tra cui quello di Lorsch, conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana.
L’attività dei miniatori raggiunse sotto i sovrani carolingi esiti qualitativamente straordinari; il libro assunse infatti presso la dinastia una valenza eccezionale, riportando così sul suolo imperiale l’autorità dei codici scritti, validi universalmente e tesi al recupero del sapere antico.

tav. 20. coperta dell’ Evangelario di Lorsch, IX sec., Biblioteca Apostolica Vaticana

DESCRIZIONE

L’evangelario, in avorio scolpito, riproduce Cristo in gloria tra due arcangeli ed offre delle impaginazioni riconducibili allo stile antico, mentre le figure propongono uno stile quasi bizantineggiante, aulico e prezioso. I fondali architettonici antichi si uniscono alle incorniciature di archi su colonne, tipici elementi di origine italiana. Tra i motivi delle parti decorative ricorrono cammei, monete antiche, stoffe e tutti quegli oggetti che i saccheggi e gli scambi con Bisanzio avevano fatto affluire nella capitale.

L’ARTE ISPIRA…

Sicuramente, l’Evangelario di Lorsch è una delle testimonianze più preziose della presenza carolingia in Italia; grazie a Carlo Magno e a suo figlio Ludovico il Pio, la tradizione scritta riacquistò vigore e autorità. Ho ammirato le figure con estasi infantile, come un bambino guarda i colori per la prima volta e scopre una nuova dimensione, preziosa e degna di rispetto. Tutto riporta all’antico, ogni elemento è un richiamo chiaro e genuino ad uno stile lontano…un disegno che, se non riesce a penetrare del tutto i caratteri dell’antichità (come fanno in seguito gli Evangeli dell’Incoronazione), delinea comunque un cammino preciso, rivolto ad un tempo glorioso.


TECA DI PASQUALE I
(TESORO DEL SANCTA SANCTORUM, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA)

La teca, nota anche come stauroteca [1] di Pasquale I, fa parte della produzione orafa di alta qualità del periodo carolingio. La ricchezza iconografica di quest’ opera risente del clima di renovatio diffuso nell’impero, sebbene con alcune contaminazioni bizantine.

tav. 21. teca di Pasquale I, IX sec., Tesoro del Sancta Sanctorum, Biblioteca Apostolica Vaticana

DESCRIZIONE

La stauroteca, di cui si conserva solo la faccia superiore, è costruita in lamina d’oro con smalto cloisonné[2], sfondo verde e cornice in filigrana. Nel braccio superiore sono raffigurate l’Annunciazione e la Visitazione, nel braccio sinistro l’Andata a Betlemme, al centro la Natività, nel braccio destro l’Adorazione dei Magi e in quello inferiore la Presentazione al Tempio e il Battesimo. Molto probabilmente, sulla faccia inferiore erano presenti scene della crocifissione.

L’ARTE ISPIRA…

La teca e i suoi smalti, l’uso delle pietre preziose e la lavorazione dei castoni sono indicativi di un’era artistica complessa e ricca. Una lavorazione di alta qualità, che mi riporta alla mente il famoso, contemporaneo Altare d’oro di Vuolvino (Milano, Sant’Ambrogio) e il reliquiario di San Giovanni Battista (Tesoro della Cattedrale di Monza), entrambi espressioni altissime dell’oreficeria carolingia.


[1] Reliquiario a forma di croce
[2] Smaltatura a caldo con disegno in filo d’oro piatto
Angela Angelillo





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