lunedì 31 marzo 2008

GOD & GOODS

GOD & GOODS
Spiritualità e confusione di massa
a cura di Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto

20.04. – 28.09.2008
inaugurazione sabato 19 aprile 2008 ore 18.00

Il 19 Aprile 2008 inaugura GOD & GOODS. Spiritualità e Confusione di Massa, la nuova grande mostra che apre la stagione estiva del Centro d’Arte Contemporanea di Villa Manin. Curata da Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto, l’esposizione vuole presentare la spiritualità e il concetto del sacro attraverso le interpretazioni di trenta artisti contemporanei.

Le opere in mostra di Adel Abdessemed, Victor Alimpiev e Marian Zhunin, Darren Almond, Thomas Bayrle, Cai Guo Qiang, Mircea Cantor, Maurizio Cattelan, George Condo, Abraham Cruzvillegas, Colin Darke, Berlinde De Bruyckere, Cerith Wyn Evans, Fischi/Weiss, Katharina Fritsch, Felix Gonzalez-Torres, Subodh Gupta, Huang Yong Ping, Christian Jankowski, Koo Jeong-A, Sarah Lucas, Dan Perjovschi, Susan Philipsz, Richard Prince, Anri Sala, Nedko Solakov, Thomas Struth, Piotr Uklanski, Yan Pei Ming e Arthur Zmijewski sottolineano domande esistenziali, giocano con i sensi e la percezione della realtà e affrontano in alcuni casi i meccanismi del credo. L’arte guarda alla religione da una prospettiva esterna: può rivelare il potere evocativo di un’immagine così come rapportare la mitologia del bene di consumo a quello dell’iconografia sacra.




Sarah Lucas_Christ You Know it Ain't Easy_2003_Copyright the artist_Courtesy of Sadie Coles HQ_London


In passato arte e religione sono state indissolubilmente legate, considerando che solo alcuni secoli fa gli artisti hanno iniziato ad affrancarsi dai desideri e dalle necessità dei committenti. Ma qual è oggi il rapporto tra arte e religione? Forse è corretto dire che l’arte e la religione sono complementari: una si pone delle domande mentre l’altra fornisce delle risposte. Ciò che le avvicina non è la loro consequenzialità ma, al contrario, la loro comune fonte di dubbio: oggi soggetto dell’arte e da sempre all’origine della religione.


Questa mostra vuole infatti osservare come, attraverso il dubbio, gli artisti abbiano sfidato gli stereotipi e le limitazioni del concetto di Dio per sostituirlo con tanti altri e infiniti punti interrogativi. God & Goods parte dal principio che Dio può essere le cose, può essere Ciò che determina le cose, può essere un Sistema, può essere una Forza, una Ricerca, una Conseguenza, un’Idea in costante e inarrestabile oscillazione.

Le opere degli artisti in mostra, realizzate dalla fine degli anni Ottanta sino ai giorni nostri, sino ad includere alcuni progetti speciali realizzati appositamente per l’occasione, affrontano l’idea della religione da una serie di punti di vista trasversali: possono confrontarne con irriverenza i dettami, possono analizzarne sistemi e dinamiche o possono proporre, ironicamente o meno, modelli alternativi.


Piotr Uklanski Untitled Ioannes Paulus PP.II Karol Wojtyla_2004 Stampa fotografica a colori_200x175 cm_courtesy the Artist_Gagosian Gallery_Galerie Emmanuel Perrotin_Galleria Massimo De


Tra le opere esposte all’interno di Villa Manin, in Christ you know it ain’t easy Sarah Lucas tesse tra loro centinaia di sigarette, per creare la figura di Cristo sul crocefisso, proponendo un approccio irriverente all’iconografia religiosa classica e mettendo in discussione il significato di vizio e dipendenza nella società consumistica odierna. Anche Thomas Bayrle reinterpreta con pathos profano lo stesso simbolo cristiano, attraverso un collage di tante piccole sequenze, raffiguranti veicoli in corsa lungo un’autostrada alla ricerca di un’irraggiungibile destinazione, mentre solleva domande esistenziali e metafisiche così come futili dubbi quotidiani la serie Untitled (questions), di Fischli & Weiss, che riflette la dimensione dell’incertezza e della fragilità della condizione umana.

La tensione spirituale assume invece connotazioni sociali e politiche nel video Them di Arthur Zmijewski, dove la libertà di espressione si scontra con la difficile convivenza tra i diversi ideali religiosi e morali.

Se Colin Darke propone un modello di credo alternativo, che mette in relazione l’artista e la sua creazione così come ideologia politica e alienazione, Richard Prince si ispira alla leggendaria tradizione del cowboy americano, da una famosa pubblicità di sigarette. Nell’estrarre questa iconografia dal suo contesto commerciale, l’artista dà forma a una nuova mitologia, che fornisce un altro modello di libertà e aspirazione. In modo diverso, Darren Almond crea immagini sublimi e trascendenti della natura, che richiamano il desiderio dell’uomo di trovare un senso nella complessità dell’universo. Una narrativa più privata e malinconica è quella rivelata dal mendicante che dorme all’interno del Duomo di Milano, nel video di Anri Sala: qui la chiesa, prima di acquisire una funzione spirituale, appare come rifugio fisico e concreto. Lo stesso luogo di culto è soggetto della fotografia di Thomas Struth, che analizza la struttura e i meccanismi del credo attraverso una visione oggettiva.

Sono previsti inoltre quattro interventi nel Parco circostante la Villa, ad opera di Maurizio Cattelan, che presenta per la prima volta in Italia Frau C., Felix Gonzalez-Torres, Subodh Gupta e Susan Philipsz.

La mostra GOD & GOODS non si focalizza semplicemente sulla religione, ma presenta un gruppo di opere d’arte che, lungi dal proporre conclusioni, pongono l’individuo di fronte ad ogni tipo di domanda. Come la religione, l’arte è spinta da un’urgenza e una necessità e questa mostra vuole leggere la necessità attraverso le sue inafferrabili fonti e indefinibili conseguenze.

La mostra, aperta al pubblico fino al 28 settembre 2008, sarà accompagnata da un catalogo in italiano ed in inglese, con testi dei curatori, apparati biografici ed immagini delle opere in mostra.

Coordinate della mostra

Titolo: GOD & GOODS. Spiritualità e Confusione di Massa
A cura di: Francesco Bonami e Sarah Cosulich Canarutto

Date: 20 aprile – 28 settembre 2008
Inaugurazione: 19 aprile 2008, ore 18.00
Presso: Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea, Piazza Manin 10, Passariano, 33033 Codroipo (UD) Italy

Orari: dal 20 aprile al 31 maggio martedì - venerdì 9 / 18, sabato e domenica 10 / 20, lunedì chiuso dal 1 giugno al 28 settembre martedì / domenica 10 / 20, lunedì chiuso

Biglietti: intero € 6 + 1 (mostra + parco), € ridotto 4 + 1, ridotto gruppi € 2 + 1 - € 1 (solo parco)

Info: Antonella Torriglia, tel 0432 821211 fax 0432 821229

http://www.villamanincontemporanea.it/
press@villamanincontemporanea.it

DAY RETURN TICKET di Francesca Referza

Il Day return ticket è quel particolare tipo di biglietto che consente, ad un prezzo scontato, di andare e tornare da un luogo purché il viaggio si compia in giornata. E` il biglietto del pendolare, di quella particolare tipologia di viaggiatore che come un ingranaggio in una catena di montaggio, ogni giorno, compie lo stesso tragitto, segue le stesse traiettorie, vede sovrapporsi in rapida successione immagini di periferie urbane ad altre più metropolitane, ma ormai senza più percepire alcuna differenza. La visione diventa allora sfocata e lo spazio come sospeso. Day return ticket riunisce Scansione, (2006) di Lorenzo Casali, video che registra il quotidiano pendolarismo acustico e visivo dell'artista tra Saronno e Milano, sei foto della serie Vetro sporco (2007) di Ciro Meggiolaro, per il quale - nel viaggio, in qualsiasi viaggio, è come se il vagone si trasformasse in una bolla di sapone. E il guardare fuori attraverso i vetri è camminare rimanendo fermi - e Beyond nature, (2007) di Serena Porrati, assemblaggio ‘found footage’ di sequenze e frammenti tratte da film di famiglia girati in Europa, America e Sud America dagli anni Cinquanta ai giorni nostri. Comune ai lavori in mostra sono l'idea dello spostamento, inteso come viaggio pendolare, ma anche come volontario allontanamento mentale dal quotidiano, la forte percezione di una momentanea sospensione temporale, la dilatazione della geografia, urbana e non, fino ad avere una visione appannata del paesaggio, non tanto per via del vetro che si frappone fra l`occhio e ciò che si guarda o della scarsa qualità del girato quanto per lo status mentale che produce lo spostamento fisico. Una dimensione che dalla normalità quotidiana, come per una controindicazione ipnotica determinata proprio dal movimento va oltre, Beyond nature
appunto, e diventa metafisica.

Ciro Meggiolaro, Vetro sporco, 2007, stampa digitale su alluminio, 30x45cm

Day Return Ticket is a particular type of public transportation pass, a discounted round trip that must be completed the same day. It is made for the commuter, that particular type of traveler that - just like the mechanism of an assembly line – travels the same route, performing the same trajectories every day. The commuter sees a fast series of images, the outer fringes and suburbs superimposed with those of the city, so that the commuter can’t perceive the difference anymore. The vision becomes out of focus and space is suspended.Day return ticket brings together Scansione (Scanning, 2006) by Lorenzo Casali, a video that captures the visual and acoustic experience of the artist on his daily commute, from Saronno to Milan.Six pictures from Ciro Meggiolaro’s series Vetro Sporco (Dirty Window, 2007) who feels that in the journey, as in any journey, it is as if the train carriage is transformed into a soap bubble. Looking outside through the window, it’s like traveling without moving.Beyond Nature (2007) by Serena Porrati, is an assembly of “found footage” sequences and fragments that come from home movies filmed in Europe, United States, and South America, from the 1950s to the present. All the works have this in common: the idea of movement intended as a commuter trip, as well as a voluntary mental disassociation from the daily routine; the strong perception of a temporary suspension of time, the dilation of geography, both urban and non-urban, that creates an unfocused vision of the landscape, not so much due to the window interposition between the eye and what’s seen - or the scarce quality of the filmed - but due to the mental status that produces the physical movement. A dimension that goes beyond is own nature, as if in a hypnotic counter-indication determined by the same movement, that becomes metaphysical. (F.R.)

giovedì 27 marzo 2008

Materia Energia Pensiero

PALAZZO VALENTINI ROMA 18 marzo – 1 aprile 2008



A seguito dell’interesse suscitato dalla mostra Materia Energia Pensiero, inaugurata il 18 marzo scorso nella splendida cornice di Palazzo Valentini e in occasione dell’ultimo fine settimana prima della chiusura, gli organizzatori hanno previsto un prolungamento dell’orario di apertura sabato 29 marzo fino alle ore 17, e per domenica 30 marzo un appuntamento speciale. Sarà infatti possibile scoprire il percorso delle opere di pittura e scultura guidati dalla lettura di testi tratti dal catalogo: un momento pensato per far risuonare nei tre spazi che accolgono le immagini di Roberta Pugno e Jan Hoffstädter le parole che ne accompagnano la ricerca.



Materia Energia Pensiero
L'incontro tra arte e scienza sul tema attuale dell'energia ottenuta da fonti rinnovabili, che da dimensione locale si amplia al confronto con altri paesi europei, in questo caso con la Slovacchia, è il fulcro della manifestazione ideata da Antonio Di Micco, presidente di Alea-Azienda Latina Energia Ambiente e direttore della Federlazio di Latina, promossa e organizzata insieme a Rosa Cipollone, direttrice del Museo di Palazzo Altieri di Oriolo Romano e Miroslav Musil, direttore dell’Istituto Slovacco a Roma. Il confronto artistico e scientifico con la nuova Europa è vitale oggi più che mai per rafforzare la cooperazione internazionale in un Paese con cui si sta condividendo la fine delle barriere doganali, l'ingresso della moneta unica e una sempre più stretta collaborazione nel campo energetico.

Un collante speciale capace di tenere saldamente legate energia e cooperazione è l'energia creativa, propria dell'essere umano. E' infatti ad un dialogo tra due artisti diversi per formazione e storia, la pittrice italiana Roberta Pugno e lo scultore slovacco Ján Hoffstädter che viene affidato il compito di raccontare il percorso che porta dalla materia al pensiero passando proprio attraverso l'energia. Le opere sono esposte in un originale allestimento tematico che si snoda in tre splendide sale di Palazzo Valentini. Dalla Sala della Materia, che accoglie in un gioco di luci e di ombre forme di terra, forme pittoriche e scultoree potenti e primigenie, si scende nella Sala dell'Energia dove nuove immagini alludono alla energia materiale che trasforma le cose e al lavoro, ma anche all'energia umana, alla vitalità. E ancora scendendo ecco la Sala del Pensiero, piccolo magico spazio che ospita immagini leggere ma intense: la forza dell'invisibile, il latente e il pensiero che sta sotto e oltre la realtà percepibile.



L'esposizione “Materia energia pensiero” è a cura di Rosa Cipollone e di Miroslav Musil con la collaborazione curatoriale di Lýdia Pribišová; il progetto illuminotecnico e l'allestimento dei pannelli sono dell'architetto j. Emilio Rivetti.

Il catalogo della mostra, che raccoglie scritti di A. Di Micco, R. G.Cipollone, M. Musil, L. Pribišová, I. Mancuso, e saggi scientifici del fisico teorico M. Pettini, della biologa R. Nicolai, dello psichiatra M. Dario e del filosofo F. Iannaco, è edito dalla Colosseo Grafica Editoriale.

La manifestazione è patrocinata dalla Provincia di Roma, dal Comune di Roma, dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dal Consiglio Regionale del Lazio.

Orario della mostra
da lunedì a venerdì dalle 10.30 alle 19.00 sabato e domenica dalle 10.30 alle 13.00
domenica di Pasqua e lunedì di Pasquetta dalle 10.30 alle 13.00
sabato 29 marzo dalle 10.30 alle 17.00

Segreteria
Federlazio Latina piazza del Mercato, 11
tel. 0773.661212 fax 0773.661122 email federlazio.latina@federlazio.it
Ufficio stampa
Roberta Busatto tel. 340.8268828 email robertabusatto@virgilio.it
Giuliana Carosi 349.7244214 giulianacarosi@hotmail.com
Cristina Danese 340.2685592 cristina_danese@yahoo.it
Cinzia Folcarelli 339.7925397 cinzia.folcarelli@poste.it
Con il contributo di
Aceaelectrabel A.L.E.A. Banca Intesa SanPaolo Consiglio Regionale del Lazio

PALAZZO VALENTINI, via IV Novembre 119/A Roma

martedì 25 marzo 2008

APPUNTAMENTO CON LA NOTTE

SETTIMO APPUNTAMENTO

Mercoledì 26 marzo - Ore 20.30
Penultimo film americano di Lang, al vetriolo, uno dei suoi più feroci.
«L’ambizione del film è immensa, la perfezione dello stile, dove gli elementi disdegnano di mettersi in evidenza, sobria ed efficace. Lang vuole mostrare una panoramica piuttosto vasta sulla società americana, fondata ai suoi occhi sulla competizione ed il crimine». Jacques Lourcelles


QUANDO LA CITTÀ DORME (WHILE THE CITY SLEEPS)
di Fritz Lang

Con Dana Andrews, Ida Lupino, George Sanders, Rhonda Fleming, Howard Duff, Thomas Mitchell, Vincent Price, Sally Forest, John Drew Barrymore
1956, 100’, b/n, 35mm, versione originale con sott. in italiano e in francese

Il figlio del proprietario di un giornale, nel prendere il posto del padre, convoca tre giornalisti per il posto di redattore capo. Propone loro di cercare l’autore di una serie di delitti commessi a scopo di rapina, e chi troverà l’assassino otterrà il posto. Ritenuto da Lang uno dei suoi film più riusciti, Quando la città dorme è un film complesso, nel quale la suspence poliziesca viene affiancata da un amaro intento politico.


Mercoledì 2 aprile
in occasione della chiusura della rassegna

INCONTRO
con Nicolas Saada, Dario Argento, Jean-Bernard Pouy
alle ore 18.30 (ingresso libero)

VEDI ALLEGATO


APPUNTAMENTO CON LA NOTTE

Storia del film noir in 8 appuntamenti
a cura di Nicolas Saada

Ogni mercoledì alle 20.30
dal 13 febbraio al 2 aprile

Il film noir non è né un genere né uno stile. E’ piuttosto una corrente, come il Barocco o l’Impressionismo. Attraverso otto classici del film nero, la rassegna si propone di mostrare come il genere evolve dalla stilizzazione dei film girati in studio a un realismo fotografico quasi documentario.

1. Merc. 13 feb. Vertigine (Laura, 1944, 88’) di Otto Preminger
2. Merc. 20 feb. La donna del bandito (They Live By Night, 1947, 95’) di Nicholas Ray
3. Merc. 27 feb. Stasera ho vinto anch’io (The Set Up, 1949, 72’) di Robert Wise
4. Merc. 5 mar. Bandiera gialla (Panic in the streets, 1950, 96’) di Elia Kazan
5. Merc. 12 mar. Un bacio e una pistola (Kiss Me Deadly, 1955, 105’) di Robert Aldrich
6. Merc. 19 mar. Giungla d’asfalto (The Asphalt Jungle, 1950, 112’) di John Huston
7. Merc. 26 mar. Quando la città dorme (While The City Sleeps, 1956, 100’) di Fritz Lang
8. Merc. 2 apr. + tavola rotonda L’infernale Quinlan (Touch of Evil, 1958, 112’) di Orson Welles

INFORMAZIONI

Ingresso
Intero: 5 euro
Ridotto: 3 euro

Info pubblico
Tel. 06/ 67 61 1
Académie de France à Rome - Villa Medici
Viale Trinità dei Monti, 1 - 00187 Roma

http://wpop10.libero.it/cgi-bin/vlink.cgi?Id=bJlrg%2B9ATJMQzggDF/FICdnrngFCqBBA%2BSZh/ncXbpL9B2Ii801f2QleQVFlyBOh&Link=http%3A//www.villamedici.it

Metro: Spagna – Bus: 117 / 119 – Parcheggio Ludovisi

Proiezioni
Film proiettati in 35mm in versione originale con sottotitoli in italiano e in francese
tranne L’infernale Quinlan, sottotitolato solo in italiano

giovedì 20 marzo 2008

NUOVI SPETTRI

Da sabato 5 a domenica 20 aprile 2008, l’Accademia di Francia a Roma espone le opere di Bruno Perramant, artista residente a Villa Medici, nella mostra Nuovi spettri, titolo che si ispira ad un verso tratto dalle Illuminazioni di Arthur Rimbaud: “così come, dalla mia finestra, vedo spettri nuovi che rotolano attraverso il denso ed eterno fumo di carbone (…)”.
Cosa vediamo e cosa non vediamo più? Cos’è che ci osserva e cosa ha smesso di farlo? Lo sguardo dell’artista si confronta, qui, con lo sguardo vuoto dei fantasmi dei nostri giorni, usando la pittura come mezzo per esprimere la sua visione della cultura contemporanea dell’immagine, nonostante l’egemonia dei media, principali produttori della rappresentazione della realtà. Secondo Perramant, cineasti e pittori osservano lo stesso mondo e percepiscono la stessa quotidianità, sottolineando, quindi, la grande similitudine tra un film e un dipinto. Ma, per lui, la “realtà” esiste solo come apparizione e sono le ombre di una realtà frammentata che egli cerca di dipingere prendendo spunto dalla sua mitologia personale che è influenzata dalla storia dell’arte e dalla letteratura. Così, nei dipinti di questa mostra è lo stesso Rimbaud a risvegliare “intuizioni” o “visioni raccontate”. Nel percorrere il tempo attraverso la pittura, se ne scoprono resti, di volta in volta sempre nuovi. Nuovi spettri, che rappresentano il lavoro che ci è necessario per esorcizzare le immagini che ci sono state date
(Bruno Perramant)


L’artista


Bruno Perramant nasce nel 1962 a Brest, e vive tra Parigi e la Bretagna. Espone regolarmente sia in Francia che all’estero; durante il mese di maggio, prenderà parte alla mostra «Traces de sacré» organizzata presso il Centre George Pompidou di Parigi. A settembre, lo aspetta una mostra personale a Parigi, presso la Galerie In Situ, di Fabienne Leclerc.
I titoli dei quadri, come anche i titoli delle mostre, di Bruno Perramant, sono da intendersi come indizi per comprendere ed avvicinare il suo lavoro. La mostra Re Noir a Parigi, per esempio, è una chiara allusione a Jean Renoir, regista cinematografico e figlio del pittore Pierre-Auguste, il cui film La règle du jeu (la regola del gioco) è stato fonte d’ispirazione d’una intera serie di spettrali dipinti. Re Noir riaffermava inoltre il rinnovato interesse dell’artista per il colore nero e il persistere d’una ricerca sulle variazioni esistenti nei diversi strati di colore scuro.
Anche la mostra Dar(k)stellung a Colonia è un gioco di parole, che potrebbe tradursi come «rappresentazione dell’oscurità» (dalla fusione di Darstellung, dal tedesco Rappresentazione, e il più noto Dark, dall’inglese Nero), e costruito a partire dal testo dell’Apocalisse. I quattro cavalieri, presenti in quella esposizione, saranno nuovamente esposti in questa occasione a Villa Medici. Mentre, la più recente Quoi? di Basilea, mirava alla scomposizione di tutti i riferimenti, per far tornare alla ribalta il vero protagonista della scena: il colore.
Queste mostre sono state quindi popolate da fantasmi e apparizioni come da una ritrovata attenzione per la luce, il linguaggio e la scrittura.

martedì 18 marzo 2008

Giovanni Baronzio e la pittura del Trecento a Rimini

La pittura “narrativa” del Trecento rivive nelle tavole dei maestri riminesi. Suggestioni giottesche, un raffinato gusto per la decorazione, un elaborato quanto delicato restauro per restituire all’antico splendore un capolavoro senza tempo. Alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini . . .




La pittura riminese del Trecento rappresenta uno dei massimi punti di snodo della Storia dell’Arte italiana. Giovanni Baronzio è uno dei principali esponenti di questa corrente, ed il Dossale commissionatogli dai Francescani resta uno dei capolavori indiscussi della sua pittura “narrativa”. Scene della Passione di Cristo vengono riprese e raccontate seguendo un filo teologico perfetto. Opere di piccole dimensioni, molto ben cesellate, rievocano con minuzia eventi storico-cristiani che si pongono alle basi delle nostre fondamenta religiose.

In mostra anche opere di noti, quanto affermati, artisti trecenteschi quali Neri da Rimini, seguace di Giotto; o di Giovanni e Pietro da Rimini, fratelli ed artisti allo stesso tempo. Insieme a loro il Maestro di Verrucchio, uno dei vertici di questa corrente artistica insieme con Baronzio. Purtroppo le fonti storiche sul periodo scarseggiano e sullo stesso Baronzio sappiamo solo che operò grosso modo tra gli anni venti e cinquanta del Trecento. Molti sono i tratti che però lo avvicinano a Pietro da Rimini, suo collega e contemporaneo: il riferimento a Giotto, la capacità di narrare per immagini, il gusto raffinato per la decorazione, sia nelle vesti dei personaggi che nei magnifici fondi aurei finemente incisi, piuttosto che nelle architetture o nei paesaggi.

Baronzio rimase sicuramente colpito dal ciclo della Cappella degli Scrovegni di Padova, anche se non sappiamo bene se la vide dal vivo o attraverso la circolazione di alcuni disegni.

Il Dossale stesso rievoca numerose atmosfere giottesche; ideato per la chiesa francescana di Villa Verrucchio, venne realizzato intorno al 1330. In quell’epoca la tradizione francescana era molto radicata, a tal punto che lo stesso Baronzio chiese di essere sepolto nella chiesa di San Francesco da Rimini. Molto probabilmente la narrazione pittorica del Dossale, la sua chiarezza teologica, hanno risentito del contributo teorico di uno o più frati francescani.

Il dipinto si snoda seguendo una duplice traiettoria: alto-basso e destra-sinistra. Partendo dall’Ultima Cena fino alla Salita al Calvario. Ogni ciclo si conclude sempre con un pensiero metafisico, così in questo caso, ad esempio, la figura della Madonna in preghiera evoca atmosfere bizantine, visibilmente rappresentate nelle frange dorate del manto.

Ogni scena contiene spesso elementi extra-temporali che arricchiscono il tema principale ed allo stesso tempo lo integrano sapientemente. Esemplificativo il caso dell’Ultima Cena dove si contrappongono le figure di Giovanni Evangelista e di Giuda, seduti di fronte; il primo come esempio massimo di fedeltà e devozione, il secondo come metafora del tradimento e dell’abbandono. Il restauro del Dossale ha altresì contribuito a riportare alla luce le antiche tonalità utilizzate dal Baronzio, eliminando i ritocchi pittorici dei precedenti restauri. Così anche le dorature hanno riacquistato l’antica lucentezza, facendo emergere nuovamente le punzonature lungo le aureole dei personaggi e i motivi floreali sullo sfondo delle scene.

Del dossale restano due pannelli, ciascuno suddiviso in sei ulteriori riquadri. Mancano il pezzo centrale con la Crocifissione e i pannelli laterali della parte superiore. In mostra anche alcune opere dei sopra citati maestri riminesi, che generano un continuum visivo-temporale di notevole suggestione con le opere di Baronzio esposte. Soprattutto in capolavori come il Crocifisso di Giovanni da Rimini, il Trittico con l’Incoronazione della Vergine e Santi e la Crocifissione del Maestro di Verrucchio.

Opere tutte che, oltre ad una minuzia tecnica molto forte, contengono anche una forte valenza spirituale che, nonostante i secoli, si sprigiona ancora dalle fibre del legno sulle quali sono dipinte.

michele nero

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Giovanni Baronzio e la pittura del Trecento a Rimini
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane, 13 - 00184 Roma
14 marzo – 15 giugno 2008

Orari
Martedì/Domenica 10.00 – 19.00
Chiuso il lunedì

Informazioni e prenotazioni biglietti
Tel. +39 06 32810
Lunedì/Venerdì: 9.00-18.00
Sabato: 9.00-13.00
Domenica e festivi chiuso

Biglietto
Intero 5,00 euro
Ridotto 3,00 euro
Integrato mostra-museo 9,00 euro

Prenotazioni visite guidate
Gebart, concessionario servizi aggiuntivi
Fax +39 06 8555952
Email: tour@gebart.it

venerdì 7 marzo 2008

CRISTOCROMIA




MARRIE BOT

LA SCUOLA RIMINESE DEL TRECENTO

La mostra Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento sarà l’occasione per considerare di nuovo il “mistero” di un ambiente artistico come quello riminese, che, fiorito in maniera repentina tra la fine del ‘200 e gli inizi del ‘300, si sviluppò per circa un cinquantennio per poi scomparire, incapace di rinnovarsi a confronto con le scuole bolognese e veneta.
Operanti in una città da un lato cosmopolita per i rapporti con gli altri centri italiani, il mondo d’oltralpe, le regioni adriatiche e l’Oriente bizantino, dall’altro attraversata da tensioni politiche e religiose, dei pittori riminesi si conoscono pochi documenti e dati certi.
Diversi autori di cui parlano le fonti rimangono ancora privi di opere, in una condizione di anonimato artistico. Ciò nonostante gli studi hanno fatto passi avanti importanti e si sono potute distinguere due generazioni. Alla prima appartengono personalità come Giovanni (notizie dal 1292 al 1309/14), Giuliano (noto dal 1292 al 1323) e quella ancora sfuggente di Giovan Angelo, che forse intervenne nello spettacolare ciclo nel coro della chiesa di S. Agostino.
Successivamente troviamo attivi pittori come Pietro (notizie dal 1324 al 1338), autore e direttore nel grande cantiere della Cappella di San Nicola a Tolentino; Francesco (ricordato nel 1333), forse coincidente con il Maestro di Verucchio; Giovanni Baronzio; il Maestro di Montefiore.
Artisti come questi erano certamente inconsapevoli di creare una “scuola”, invece erano ben coscienti, per motivi di organizzazione del lavoro e di acquisizione di incarichi, di costituire in città un gruppo piuttosto compatto. Naturalmente potevano essere in concorrenza fra loro ma all’occorrenza formare delle società (come fecero Giuliano e Pietro nel 1324 per realizzare un polittico nella chiesa degli Eremitani a Padova, purtroppo perduto). Alcuni di loro erano addirittura legati da strettissimi rapporti di parentela: si tratta di Giovanni e Giuliano, insieme anche al più sfuggente Giovan Angelo, fra i protagonisti assoluti della pittura riminese.
Questa situazione insieme alla prassi della bottega secondo cui i maestri già affermati tramandavano la tecnica e la cultura artistiche ai propri allievi favorirono sicuramente il diffondersi di un linguaggio pittorico di base, da cui si diramarono autonome e originali interpretazioni. I modelli formali ed espressivi con i quali confrontarsi i pittori riminesi li trovarono in Giotto, cioè in colui che, come scrisse il pittore e trattatista Cennino Cennini alla fine del Trecento, “rimutò l’arte del dipingere di greco in latino, e ridusse al moderno”.
Come i loro colleghi umbri, toscani, romani, anche alcuni riminesi studiarono e forse parteciparono al cantiere giottesco di Assisi. E’ certo tuttavia che un episodio determinante fu il passaggio del grande toscano a Rimini, poco prima del 1300: di quel transito rimane oggi la monumentale Croce in San Francesco ma il suo intervento si era esteso anche ad un ciclo affrescato nella stessa chiesa, perduto per la realizzazione del Tempio Malatestiano di Leon Battista Alberti.
I pittori riminesi ebbero così direttamente in città la possibilità di studiare la modernità della pittura di Giotto ma è da come essi continuassero ad aggiornarsi sulle successive imprese del pittore toscano a Padova.
In quanto originali interpreti di quella modernità, fondata su una rappresentazione pittorica più sensibile ad indagare la natura e l’uomo, i riminesi contribuirono ad evolvere la cultura e la percezione visiva del pubblico medievale di ampi territori, fossero essi i potenti o colti committenti, oppure i semplici devoti in preghiera dinanzi alle immagini da loro dipinte.
Per questo è ancora un mistero la veloce perdita di influenza della scuola riminese. Certamente la peste del 1348 probabilmente uccise alcuni dei suoi artisti più valenti, come Baronzio; quell’evento seppure terribile non spiega in maniera chiara le ragioni di un declino così rapido, che lasciò spazio agli artisti di altre aree, in particolare quella bolognese, che dalla pittura riminese avevano tratto linfa vitale. La mostra compirà un ulteriore tentativo di capirne qualche ragione.

LA PITTURA NARRANTE DEL BARONZIO

Il dossale di Baronzio per la chiesa francescana di Villa Verucchio, databile al 1330 circa, è considerato l’opera più alta fra quelle oggi conosciute del pittore riminese.
L’individuazione della committenza e della collocazione originaria permette di comprendere meglio l’importanza di questo ciclo dedicato alla Passione di Cristo alla luce della spiritualità e anche della politica dell’ordine francescano.
Si apprezza la capacità di narrazione della storia sacra di Baronzio, che, seppure dovette elaborare il programma con la consulenza o sulla base di una precisa traccia fornitagli dai francescani di Villa Verucchio, aveva la responsabilità di organizzare al meglio il racconto per immagini, affinché questo risultasse il più efficace possibile per il pubblico.
L’artista poteva contare su una tradizione francescana già molto consolidata nella predicazione e nella produzione di testi devozionali. Il suo desiderio di essere sepolto nella chiesa San Francesco a Rimini ce lo indica legato a doppio filo con l’ordine: ciò non solo per ragioni di convenienza professionale, essendo i francescani i principali committenti fra Romagna e Marche, ma anche per genuina adesioni ai loro modelli religiosi.
Il racconto della Passione si snoda con una coerenza che deve avere visto sicuramente l’intervento di uno o più francescani di grande cultura teologica e abilità predicatoria nella stesura del programma.
Nel pannello riminese la narrazione si sviluppa su due registri, da sinistra a destra e dall’alto verso il basso, partendo dall’Ultima Cena fino alla Salita al Calvario. Immaginando il pannello della Crocifissione al centro, ancora disperso, si passa a quello della Galleria Nazionale, dove il racconto prosegue dal registro superiore, con la Deposizione dalla croce, per scendere subito in quello inferiore e risalire fino ad inquadrare la Pentecoste. Qui Baronzio dipinge significativamente una Madonna in preghiera assai bizantineggiante, dal manto con le pieghe dorate, proprio per sottolineare la dimensione metafisica della scena conclusiva del ciclo.
Ogni scena ha al proprio interno dei particolari che arricchiscono il tema principale, introducendo ai devoti ulteriori argomenti da considerare, funzionando così come una sapiente predica, concretamente fissata in immagini pittoriche e non più solo retoriche. Significativa in tal senso l’Ultima cena, ove Baronzio si preoccupa di collocare uno di fronte all’altro seduti alla tavola, san Giovanni Evangelista con il capo chino su Gesù, mai abbandonato dal giovane apostolo, e Giuda, che invece lo abbandonò tradendolo. Il significato simbolico dell’eucarestia è chiaramente indicato dall’apostolo a destra, che in maniera chiara volge lo sguardo invitando lo spettatore a fare altrettanto verso la successiva scena dell’Orazione di Cristo nell’orto, dove appare il calice eucaristico.

IL RESTAURO DEL DOSSALE

Il restauro della tavola di Giovanni Baronzio conservata nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma in Palazzo Barberini

Il restauro del pannello di dossale di Giovanni Baronzio della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, come il progetto della mostra che intorno ad esso ruota, è frutto della collaborazione fra la Soprintendenza per il Polo Museale Romano e la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, che ha finanziato l’intervento sul dipinto.
La tavola venne assottigliata, presumibilmente tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, per poter applicare una parchettatura rigida e raggiungere l’obiettivo della sua planarità, secondo un criterio conservativo ottocentesco che tuttavia ha resistito molto a lungo nella prassi del restauro. Tale parchettatura impediva però il naturale movimento della tavola, che assottigliata, era oltremodo sensibile alle variazioni di umidità e temperatura. Infatti la rigidità del sistema provocava dei tratti di fessurazione, lunghi e irregolari, manifestatisi anche sul lato dipinto, nonostante questo presenti la tela originaria (“incamottatura”) interposta fra il supporto ligneo e gli strati preparatori a gesso e colla. La parchettatura è stata gradualmente rimossa e sostituita con un telaio mobile perimetrale a vincoli elastici costituiti da molle. Il telaio prevede la chiusura del retro con pannelli di legno e, fra questi, del materiale tampone (artsorb), ciò al fine di creare una barriera permeabile per rallentare gli scambi di umidità con l’esterno.
L’intervento sulla superficie pittorica è consistito, dopo i test di pulitura per stabilire le soluzioni più idonee, nella graduale asportazione delle vernici alterate che offuscavano pesantemente l’immagine. Sono state anche rimosse le vecchie stuccature e i ritocchi pittorici alterati dell’ultimo restauro (contestuale alla realizzazione della parchettatura). Quindi è stata effettuata la reintegrazione pittorica ad acquerello, ovviamente reversibile, e la verniciatura finale. Si è così restituita all’immagine un buon grado di lettura della cromia, delle singole figure e della composizione generale. Sulle superfici dorate, lavorate finemente a incisione e con una ricca punzonatura, si può nuovamente osservare il disegno delle aureole dei personaggi e dei motivi decorativi vegetali e animali (aquile) raffigurati in serie sugli sfondi delle scene.
Il restauro, con la direzione lavori di Daniele Ferrara, funzionario storico dell’arte della Galleria Nazionale, è stato affidato a due esperti professionisti. Per la parte relativa al supporto ligneo è stato chiamato Pierpaolo Monfardini, restauratore di livello internazionale, collaboratore e ispettore onorario della Soprintendenza di Bologna, nonché studioso delle tecniche di realizzazione delle tavole antiche, in merito alle quali sta lavorando alla realizzazione di un catalogo delle punzonature delle opere della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Il restauro della superficie dipinta è stato affidato ad Ilir Shaholli, che, collaboratore da tempo delle Soprintendenze romane e anch’egli indagatore delle tecniche pittoriche, ha una lunga esperienza sulle tavole medievali in particolare quelle delle diverse scuole adriatiche. I lavori si sono svolti all’interno della Galleria Nazionale.

GIOVANNI BARONZIO - NOTA BIOGRAFICA

Giovanni Baronzio è fra i protagonisti della grande scuola pittorica riminese del Trecento. Nonostante siano poche le notizie fornite dai documenti contemporanei, si ritiene che l’arco cronologico della sua attività artistica si sviluppasse verosimilmente tra gli anni venti e gli anni cinquanta del Trecento.
La sua produzione giovanile presenta affinità con quella di un altro suo collega, Pietro da Rimini (di cui si hanno notizie dal 1324 al 1338), ma emergono già i caratteri tipici di Baronzio: il riferimento ai modelli di Giotto; una spiccata capacità nel raccontare per immagini gli episodi sacri; un accentuato gusto per la decorazione, evidente non solo nel compiacimento con cui descrive dettagli delle architetture o dei personaggi (vesti, armature, etc.) ma anche nella realizzazione dei fondi oro finemente incisi.
L’influsso di Giotto, che lavorò per Rimini, è evidente nei pittori riminesi della prima generazione, ma in Baronzio questa attenzione sembra essere più ampia e approfondita e perdurare in sue opere degli anni quaranta: dimostra in particolare la conoscenza del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova, forse vista direttamente o nota attraverso la circolazione di disegni.
Del 22 dicembre 1343 è uno dei pochi documenti noti dell’artista. Baronzio è testimone all’atto con cui l’Ospedale di Santo Spirito di Rimini rinnova la concessione di un terreno a un tale Francesco, della contrada di Sant’Agnese: “Iohanne Baroncio pictore” era in compagnia di “domino Forano”, canonico di Cesena, e di “magistro Iohanne de Florentia”, medico. Circostanza, questa, che è indicativa non solo del buon grado di affermazione sociale del pittore, il cui fratello era un notaio, ma che può illuminare anche sull’età matura del pittore.
Tra le principali opere di destinazione pubblica sono il dossale per la chiesa francescana di Villa Verucchio, databile al 1330 circa; quello con Storie del Battista, databile fra il 1330 e il 1340. Intorno al 1340 venne incaricato per la pala dell’altare maggiore di Santa Colomba, l’antica cattedrale di Rimini. Punto di riferimento per la sua biografia è il 1345, anno in cui firma e data il polittico conservato nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino, proveniente dal convento francescano di Macerata Feltria.
Un altro documento, databile entro il 1362, informa che Baronzio, residente nella detta contrada di Sant’Agnese, era già morto così come il fratello Deutacomando e il figlio Comando. La loro sepoltura è indicata nel cimitero della chiesa di San Francesco (nel ‘400 trasformata da Leon Battista Alberti nel celeberrimo Tempio Malatestiano). E’ uno dei principali centri religiosi della città anche per i legami di carattere politico con la Signoria dei Malatesta: Giotto venne incaricato di dipingere la grande croce pensile che ancora vi si conserva. Non è un caso che Baronzio vi trovasse sepoltura, a confermare un particolare legame con il potente ordine francescano.

OPERE IN MOSTRA


Da:
Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini

Giovanni Baronzio, Storie della Passione (Ultima Cena, Orazione nell’orto, Cattura di Cristo, Cristo interrogato e spogliato delle vesti, Flagellazione e Incoronazione di spine, Salita al Calvario)
tavola, cm 70 x 110, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini

Giovanni Baronzio, Storie della Passione (Deposizione dalla croce, Compianto sul corpo di Cristo, Resurrezione e Marie al sepolcro, Discesa al Limbo, Ascensione, Pentecoste)
tavola, cm 71, 5 x 112, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica

Giuliano da Rimini, Trittico con l’Incoronazione della Vergine e santi
Tavola, cm 190,5 x 71,5 (centro), 154 x 67 (sinistra), 155,5 x 67 (destra), Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini

Giuliano da Rimini, Testa di Cristo
Tavola, cm 30 x 20, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini

Pietro da Rimini, Resurrezione; Noli me tangere
n. 2 Tavole, cm 19,7 x 17,2 ciascuna, Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini

Da:
Rimini, Museo della Città

Giovanni da Rimini, Crocifisso
Tavola, cm 185 x 179, Rimini, Museo della Città

Da:
Venezia, Fondazione “Giorgio Cini”, Istituto di Storia dell’Arte

Neri da Rimini, Foglio di Corale
Pergamena, mm. 496 x 375 (datato 1300), inv. 2030, Venezia, Fondazione “Giorgio Cini”, Istituto di Storia dell’Arte

Da:
Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana

Giovanni Baronzio (già Maestro della Vita di san Giovanni), San Giovannino e l’angelo
Tempera e oro su tavola, cm 47,8 x 40,5, inv. 40185, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana

Pietro da Rimini, Crocifissione
tavola, cm 24 x 16,6, inv. 40178, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana

Giovanni Baronzio, Crocifissione n. 52
Tempera e oro su tavola, cm 25,4 x 24,8, inv. 40172, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana

Giovanni Baronzio, I santi Francesco, Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa e Orsola (?)
Tempera e oro su tavola, cm 14,7 x 25,5, inv. 40188, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana

Da:
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

Maestro di Verucchio, Crocifissione, Vergine annunciata
Tavola, cm 44 x 20, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

Maestro dell’Incoronazione di Urbino, Polittico dell’Incoronazione
Tavola, cm 140 x 138, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

Maestro dell’Incoronazione di Urbino, Crocifissione
Tavola, cm 80 x 60, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

Da:
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica

Giovanni da Rimini
Storie di Cristo
Tavola, cm 52,5 x 34,3, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica

Maestro dell’Incoronazione di Urbino
Nascita del Battista
Affresco staccato, cm 146 x 152, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica

LA MOSTRA

A “Giovanni Baronzio e la pittura a Rimini nel Trecento” è dedicata, dal 13 marzo al 18 maggio, la raffinata mostra destinata a prefigurare ciò che, a fine 2008, sarà la “nuova” Galleria di Palazzo Barberini. Per quella data le sale del pianterreno occupate sino ad un anno fa dal Circolo Ufficiali saranno pronte ad accogliere le opere più antiche della raccolta, dal dodicesimo al quindicesimo secolo, tappa ulteriore del progressivo ampliamento della Galleria.
Una mostra che è anche la messa a punto di un modello di mostre dossier che possono costituire parte dell’attività espositiva di Palazzo Barberini, per valorizzare i tanti materiali poco noti custoditi nei depositi.
Non è un caso se ad aprire questo filone sarà la Pittura Riminese del Trecento, uno dei momenti di snodo della storia dell’arte in Italia. La mostra, promossa dal Polo Museale Romano in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, è curata da Daniele Ferrara.
A propiziare questa mostra è stata l’opportunità di riunire, dopo il restauro, uno dei massimi capolavori di quella situazione artistica assolutamente straordinaria che fu la Rimini del Trecento: le due parti conosciute del grande dossale commissionato dai francescani a Giovanni Baronzio per la loro chiesa di Villa Verucchio.
Una parte del Dossale, smembrato dopo le soppressioni napoleoniche, è attualmente patrimonio di Palazzo Barberini ed è stata sottoposta ad un complesso intervento di restauro curato dalla Soprintendenza per il Polo Museale Romano e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Proprio quest’ultima ha acquistato nel 2006 sul mercato antiquario la seconda parte del Dossale, anch’essa recentemente restaurata. Le due tavole furono pubblicate per la prima volta da Federico Zeri nel 1958, e sono da allora note con il nome di “Dossale Corvisieri” dal nome della collezione romana di cui facevano parte fin dall’Ottocento.
Non si dispera che, proprio grazie a questa mostra, possano riemergere dal mercato antiquario, o individuate in altri musei, le altre parti mancanti.
Rimini, capitale della dinastia dei Malatesta, agli inizi del Trecento, era città ricca e vivace tanto da richiamarvi maestri come Giotto e da creare le condizioni per l’esplosione di una vivacissima scuola artistica che operò in città ma che si impose anche altrove.
Furono i Francescani a chiamare Giotto a Rimini e furono ancora loro a commissionare a Giovanni Baronzio l’opera principale per la chiesa di un convento tra i più significativi per l’Ordine Mendicante, quello di Villa Verucchio, appunto, non lontano dalla città. L’opera doveva, con la sua imponenza, celebrare i Malatesta, signori del luogo, e sottolineare la permanenza nel convento dello stesso San Francesco.
Con il suo capolavoro Baronzio descrisse per immagini la storia della Passione di Cristo. Tutti i momenti dei racconti evangelici vi erano rappresentati secondo un modello teologico preciso. Il suo resta un esempio altissimo di “pittura narrante”, una sapiente predica francescana per immagini che egli non solo magistralmente eseguì ma anche intimamente condivise, al punto da chiedere poi di essere sepolto proprio nell’importante chiesa di San Francesco a Rimini.
A far da cornice e confronto al capolavoro nuovamente riunito saranno esposte opere di non minore importanza. A partire dal foglio di Corale di Neri da Rimini datato 1300, considerato fondamentale non solo per la storia della pittura riminese ma in generale per l’arte italiana di quel secolo. L’impronta giottesca è evidente nelle tavole, anch’esse in mostra, di Giovanni da Rimini così come i rapporti con la pittura bolognese sono marcati nelle tre opere qui esposte di Pietro da Rimini. La stretta vicinanza del Baronzio con il mondo francescano è confermata da due tavole della Pinacoteca Vaticana, opere di particolare interesse, così come davvero notevole è il pannello di dittico del Maestro di Verucchio, raro esempio di opera conservata entro la cornice originale. A due fratelli, Giovanni e Giuliano da Rimini, si debbono rispettivamente una Croce e un trittico di impronta ancora giottesca. Opere che si confronteranno con un altro magnifico pannello di dossale di Baronzio raffigurante San Giovannino e l’Angelo, concesso dalla Pinacoteca Vaticana.
Da Urbino verranno in mostra tre superbe tavole di maestri riminesi. A testimonianza dell’irraggiamento di questa grande scuola nei territori vicini, irraggiamento che ha negli affreschi di Pietro da Rimini per il Cappellone di San Nicola da Tolentino il suo esempio più clamoroso.

SCHEDA TECNICA

Giovanni Baronzio e la pittura del Trecento a Rimini

Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane, 13 - 00184 Roma
14 marzo – 15 giugno 2008

Patrocini
Alto Patronato del Presidente della Repubblica
Enti Promotori
Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma
Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
Provincia di Rimini

Prestatori
Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
Fondazione Giorgio Cini, Venezia
Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
Musei Vaticani, Città del Vaticano
Museo della Città, Rimini

Mostra e catalogo a cura di
Daniele Ferrara
Comitato scientifico
Claudio Strinati presidente
Daniele Benati
Francesco Buranelli
Daniele Ferrara
Pierluigi Foschi
Anna Lo Bianco
Alessandro Marchi
Lorenza Mochi Onori
Fabio Massaccesi
Massimo Medica
Angela Negro
Arnold Nesselrath
Antonio Paolucci
Giuseppe Pavanello
Enzo Pruccoli

Coordinamento generale e scientifico
Michela Ulivi

Collaborazione scientifica
Sofia Barchiesi

Segreteria organizzativa della mostra e relazioni esterne Palazzo Barberini
Simona Baldi

Progetto grafico della promozione
Silvana Editoriale

Campagna promozionale
IGPDecaux

Allestimento
Meloni Fabrizio S.r.l.

Trasporti
Arteria Universal Express

Assicurazioni
Aon Assicurazioni

Servizi di sorveglianza
Round Marketing & Eventi Coop. a r.l.

Con contributo di
APT Servizi S.r.l.

Sponsor tecnici
Arteria
Aon Assicurazioni
Radio Subasio

Catalogo
Silvana Editoriale

Ufficio Stampa
Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano
Antonella Stancati +39 (0)6 69994219
Anna Valerio +39 (0)6 69994218
artirm.uffstampa@arti.beniculturali.it

Studio Esseci
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Orari

Martedì/Domenica 10.00 – 19.00
Chiuso il lunedì

Informazioni e prenotazioni biglietti
Tel. +39 06 32810

Lunedì/Venerdì: 9.00-18.00
Sabato: 9.00-13.00
Domenica e festivi chiuso

Biglietto
Intero 5,00 euro
Ridotto 3,00 euro
Integrato mostra-museo 9,00 euro

Prenotazioni visite guidate
Gebart, concessionario servizi aggiuntivi
Fax +39 06 8555952
Email: tour@gebart.it

BARONZIO