venerdì 7 marzo 2008

LA PITTURA NARRANTE DEL BARONZIO

Il dossale di Baronzio per la chiesa francescana di Villa Verucchio, databile al 1330 circa, è considerato l’opera più alta fra quelle oggi conosciute del pittore riminese.
L’individuazione della committenza e della collocazione originaria permette di comprendere meglio l’importanza di questo ciclo dedicato alla Passione di Cristo alla luce della spiritualità e anche della politica dell’ordine francescano.
Si apprezza la capacità di narrazione della storia sacra di Baronzio, che, seppure dovette elaborare il programma con la consulenza o sulla base di una precisa traccia fornitagli dai francescani di Villa Verucchio, aveva la responsabilità di organizzare al meglio il racconto per immagini, affinché questo risultasse il più efficace possibile per il pubblico.
L’artista poteva contare su una tradizione francescana già molto consolidata nella predicazione e nella produzione di testi devozionali. Il suo desiderio di essere sepolto nella chiesa San Francesco a Rimini ce lo indica legato a doppio filo con l’ordine: ciò non solo per ragioni di convenienza professionale, essendo i francescani i principali committenti fra Romagna e Marche, ma anche per genuina adesioni ai loro modelli religiosi.
Il racconto della Passione si snoda con una coerenza che deve avere visto sicuramente l’intervento di uno o più francescani di grande cultura teologica e abilità predicatoria nella stesura del programma.
Nel pannello riminese la narrazione si sviluppa su due registri, da sinistra a destra e dall’alto verso il basso, partendo dall’Ultima Cena fino alla Salita al Calvario. Immaginando il pannello della Crocifissione al centro, ancora disperso, si passa a quello della Galleria Nazionale, dove il racconto prosegue dal registro superiore, con la Deposizione dalla croce, per scendere subito in quello inferiore e risalire fino ad inquadrare la Pentecoste. Qui Baronzio dipinge significativamente una Madonna in preghiera assai bizantineggiante, dal manto con le pieghe dorate, proprio per sottolineare la dimensione metafisica della scena conclusiva del ciclo.
Ogni scena ha al proprio interno dei particolari che arricchiscono il tema principale, introducendo ai devoti ulteriori argomenti da considerare, funzionando così come una sapiente predica, concretamente fissata in immagini pittoriche e non più solo retoriche. Significativa in tal senso l’Ultima cena, ove Baronzio si preoccupa di collocare uno di fronte all’altro seduti alla tavola, san Giovanni Evangelista con il capo chino su Gesù, mai abbandonato dal giovane apostolo, e Giuda, che invece lo abbandonò tradendolo. Il significato simbolico dell’eucarestia è chiaramente indicato dall’apostolo a destra, che in maniera chiara volge lo sguardo invitando lo spettatore a fare altrettanto verso la successiva scena dell’Orazione di Cristo nell’orto, dove appare il calice eucaristico.

Nessun commento: