martedì 2 dicembre 2008

DE CHIRICO E IL MUSEO

A trent’anni dalla morte Roma ricorda De Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978) in una retrospettiva che lo vuole celebrare nel suo rapporto con l’arte del passato, un museo immaginario, come il titolo stesso preannuncia, di tutte le opere che l’artista aveva voluto tenere con sé. Cento opere tra disegni e dipinti ed un’unica grande scultura, un itinerario suddiviso in sezioni tematiche.

Mitologia e archeologia
Il rapporto con il mondo antico, soprattutto greco, è molto radicato nell’opera di De Chirico. Egli, infatti, originario di Vòlos, capitale della Tessaglia, sente viva dentro di sé la profonda identità classica, confermata peraltro nelle sue opere. Recuperare il mito è per lui riscoprirne l’essenza e creare nuovi miti. I personaggi mitologici ci trasportano in una dimensione “metafisica”. Il mito decontestualizzato si carica di significati nuovi. Le figure mitologiche, testimonianza dell’irrazionale e della contingenza, si manifestano nell’opera d’arte come trasfigurazioni create dal genio artistico. Nei quadri di De Chirico i miti sono rappresentati nelle loro forme attribuite dalla tradizione, nella loro staticità iconografica, che però si arricchisce di dinamismi inconsueti, tesi a rappresentare il mito come un elemento comune del quotidiano. Come nel Centauro con amorino (1968-olio su tela), nel quale De Chirico fa rivivere con grande dinamismo la manifestazione della figura mitologica.

Sezione Neometafisica
Si riferisce alla produzione degli anni sessanta e settanta che riprende i temi della metafisica precedentemente affrontati. Ripetizione di temi e soggetti già rappresentati. Legandosi con il tema dell’antico(eterno?) ritorno di Nietzsche. Stando alla teoria del filosofo, infatti, “in un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte”. Temi passati, dunque, che però risultano sempre originali, dipinti secondo un nuovo “studio del disegno”. Così, nel bockliniano Ritorno al castello (1969-olio su tela), De Chirico risalta la figura del cavaliere con un gioco di contrasti sconvolgente, regalando allo spettatore un disegno che, incuriosisce, coinvolge, affascina.

Copie da Antichi Maestri
A differenza delle avanguardie De Chirico guarda al passato e ritiene che il nuovo può essere espresso con un’icona antica. Preannuncia un ritorno al mestiere, alla bella pittura che permette di entrare in senso evocativo nelle cose. La copia e l’imitazione sono la grammatica della pittura: copiare significa studiare un linguaggio o una forma. Dalla copia perfetta passa al d’aprés alla citazione occulta. Nei numerosi dialoghi con il passato, con l’originale illustre, troviamo dipinti eseguiti alla maniera dei grandi artisti, cercando di rapire con fugace intuizione l’arte e la tecnica del disegno. Tentando di catturare l’essenza del modello con una imitazione intesa come vera e propria esperienza del museo. Attraverso l’arte dei grandi maestri del Rinascimento, recuperare la limpidezza del colore e la tecnica per la quale i volumi acquistano precisione e luminosità. Raffaello dunque, Tiziano e Michelangelo, del quale si sforza di eguagliare la tecnica con la Copia del Tondo Doni (1975-olio su tela-abbozzo).

La Grande Pittura
Verso gli anni Trenta De Chirico evolve verso il classicismo di Renoir con l’esaltazione dei gialli e dei rossi. Prevale in questa sezione l’interesse sia per la pittura classica che per il teatro negli autoritratti in costume. La tecnica del maestro in questi anni cambia, caratterizzandosi di pennellate ondulate e veloci. Anche lo studio del colore muta attraverso l’acquisizione di nuove, sperimentali tecniche, come quella dell’olio emplastico, una composizione di elementi emulsionanti nella quale il colore è solo il pigmento colorante. L’artista sembra abbandonare momentaneamente i nitidi tratti rinascimentali, preferendo piuttosto la tecnica fiamminga, attraverso al quale i colori acquistano solidità, risaltando per la loro matericità. I toni diventano densi, brillanti, come nell’ Autoritratto in costume del Seicento ( 1947-olio su tela).

Sezione Rubens
Qualità della materia pittorica, potenza del segno e forte impatto visivo fanno di Rubens il tema prediletto di de Chirico dopo gli anni trenta. Dopo un breve viaggio in America, De Chirico sceglie Rubens e la pittura del Seicento come nuovo punto di riferimento. Rubens come studio, modello e citazione. Il bozzetto acquista parità di importanza rispetto all’opera d’arte: un quadro altro non è che la copia accurata di un disegno, con l’ausilio del colore. Il valore di un artista non consiste in quello che fa ma in come lo fa. E’ l’inizio del periodo cosiddetto barocco, in cui De Chirico esprime apertamente la sua contrarietà all’arte Contemporanea, prediligendo un perfezionamento della ricerca tecnica e stilistica attraverso la pittura barocca.

Sezione Disegni di Studio
Il disegno e l’imitazione della pittura antica ci permettono di penetrare il segreto della pittura. Anche i titoli richiamano l’antico o i maestri del passato. In altri casi il riferimento è meno esplicito ma comunque presente. Alcuni sono disegni preparatori, altri opere finite. In questa sezione, studi e schizzi veloci tradiscono l’importanza che De Chirico attribuiva al disegno, inteso come mestiere antico e dimenticato. Un ritorno, ancora una volta, al passato, ma in chiave tecnica e quasi accademica. Gli studi sono in definitiva le sincopi dell’opera, le pratiche che permettono di penetrare il segreto più intimo della tecnica pittorica.
Una mostra dedicata a De Chirico, il pictor optimus del linguaggio metafisico, non poteva certamente articolarsi in qualità di mero allestimento storico o antologico. Essa, organizzata in sezioni, sembra piuttosto percorrere il complesso iter artistico del pittore, il quale dà forma al suo linguaggio attraverso una grammatica ricca ed ispirata. Il rapporto tra De Chirico e il museo è stretto, intriso di intuizione e caratterizzato dalla capacità di interpretare l’opera non come semplice immagine pittorica, ma come principio di una nuova visione rivelatrice. De Chirico è il pittore dei misteri, dell’antico, del mito; egli è il massimo cantore di un mondo, quello metafisico, affascinante, inquietante, straordinario.
Angela Angelillo

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